Coppia, genitori e scuole

A voi coppie e ai genitori con figli dall’età prescolare fino all’adolescenza i nostri suggerimenti, alcune proposte informative e formative e momenti di condivisione.

I PREADOLASCENTI del 2022

di Germaine Leo e Simona Verga, psicologhe psicoterapeute presso il Consultorio La Famiglia di Como

Abbiamo conosciuto alle medie ragazzi e ragazze con tanta voglia di re-incontrarsi, di fare scuola in presenza, di sedersi “vicini vicini” approfittando di quel breve spazio nel cambio dell’ora quando il prof. sta per arrivare e non ha ancora avuto il tempo di dire loro: “Ragazzi andate al posto…le distanzeee…”. Insomma con tanta voglia di stare insieme.

Abbiamo riconosciuto però anche tante fatiche di questo stare insieme; fatiche che all’inizio erano difficilmente decifrabili, che ci hanno interrogato e incuriosito. Eravamo abituati a canoni (pre-covid) ormai definiti, facilmente riconoscibili e comprendibili nelle modalità dopo anni di esperienze nelle scuole. Abbiamo visto nei preadolescenti difficoltà ed ambivalenza nuove, che hanno avuto bisogno dunque di uno sguardo differente. Voglia di stare insieme, ma spesso in una modalità molto impacciata, diversa dalla conosciuta timidezza o insicurezza che eravamo abituati a trattare…come un nuovo “non saperci fare”.

mani unite

Nel confrontarci tra noi risultava evidente che tra di loro si volessero bene: mai come quest’anno abbiamo respirato un buon clima nelle classi, quasi assente il conflitto; ma la nostra sensazione era che, paradossalmente, non sapessero bene come usarli quegli affetti, quelle relazioni, quel sedersi allo stesso banco nel tempo rubato. I nostri solleciti, ad esempio, rispetto a darsi dei consigli, far circolare nel gruppo le proprie competenze o preoccupazioni, spesso cadevano nel vuoto; e la fatica ad esporsi quest’anno ci è apparsa diversa dalla buona vecchia paura del giudizio, ci è sembrato si iscrivesse di più in un “non so bene a cosa serve”, “non so bene come usarli questi amici, anche se, certamente, mi piacciono tanto”.

E allora abbiamo capito che era necessario rinarrare gli ultimi due anni di storia di questi ragazzi, per ricollocarci noi nella giusta posizione, a fianco della loro crescita, come professionisti, ma anche e soprattutto come adulti.

I ragazzi delle medie del 2022 sono i bambini che hanno vissuto la loro infanzia in un mondo dove, un po’ per scelta e un po’ per necessità, il tempo era iper-organizzato e strutturato fuori casa. Poco tempo libero. Molto tempo impegnato in iniziative anche di svago, ma sempre definito e strutturato dagli adulti e spesso guidato dalla prestazione; le giornate ben scandite e organizzate da sport, corsi e quant’altro; rarissimi i pomeriggi di noia, dove la mente avrebbe potuto cominciare a trovare strategie autonome per riorganizzarsi in maniera creativa.

I ragazzi delle medie sono i bambini che guardavano i ragazzi più grandi scorrazzare in bicicletta per le vie del paese chiedendosi, chi impaurito e chi desideroso, se sarebbero diventati così, in attesa di quel periodo lì…che chissà cosa succede. I ragazzi delle medie sono quei bambini che poi, proprio in quel periodo lì, senza fare e farsi troppe domande si sono ritrovati chiusi in casa, a tentare di gestire la propria destrutturazione interna in un tempo in cui di strutturato non c’era più nulla, nemmeno fuori. Sono i ragazzi a cui noi adulti, per proteggerli, potevamo solo dire “State a casa!” e potevamo solo dare, in un tentativo disperato di farli stare meglio, tutti gli strumenti per continuare a studiare, relazionarsi, fare sport…da connessi!

I ragazzi delle medie sono i bambini che con l’arrivo della pubertà si sono ritrovati chiusi in casa; a contatto con i corpi adulti dei propri genitori, per qualcuno quello di fratelli o sorelle di età differenti; a gestire dei cambiamenti senza confronti, senza poter condividere autenticamente, pelle a pelle, con gli amici, con chi stava vivendo lo stesso tempo di trasformazione, gioie e dolori della pubertà, perché dietro a uno schermo non è certo la stessa cosa, soprattutto a 11 anni. I ragazzi delle medie sono i ragazzi che hanno conosciuto quel modo di crescere per circa due anni. Anni in cui “il fuori” fa la differenza, anni in cui “il fuori” ha barcollato.

I ragazzi delle medie oggi vedono lo sguardo preoccupato degli adulti che chiedono loro perché stanno sempre al cellulare, vedono adulti che spesso li descrivono apatici, svogliati, e che si chiedono perché non gli interessa uscire. E invece noi pensiamo che gli interessa eccome; pensiamo che lo sanno quanto sia emozionante, perché è bello, ma nello stesso tempo fa paura guardarsi, toccarsi, parlarsi all’orecchio; vorrebbero ma fanno fatica. Perché in fondo non sanno bene come si fa… non hanno avuto modo di impararlo. Non sono più quei bambini che accetterebbero di essere accompagnati al parchetto per giocare con i loro amichetti, ma hanno saltato quella fase di allenamento che gli avrebbe permesso, passo dopo passo, poco alla volta di imparare ad organizzarsi (più emotivamente che concretamente) ed andarci da soli.

Non possiamo aspettarci noi adulti che lo sappiano già fare, e faremmo un grosso errore se confondessimo il loro “tirarsi indietro” con pigrizia o non voglia! Vogliono, lo vogliono tremendamente… ma non sanno come si fa! E’ un po’ come un bambino che impara ad andare in bicicletta. Per togliere le rotelle è necessario quel tempo di esperienza che permette di regolare l’equilibrio, capire come deve muoversi il corpo; è necessario che qualcuno tenga il sellino o gli corra di fianco per un po’, anche per un senso di sicurezza, perché non è solo questione di essere abbastanza grandi e avere le capacità.

Ecco, se ci aspettiamo dai ragazzi delle medie di oggi le stesse modalità di relazione, le stesse competenze emotive dei ragazzi pre-covid è come se ci aspettassimo che un bambino, che ha abbandonato la bicicletta con le rotelle a settembre, sappia andarci senza, in autonomia, la primavera successiva dopo averla lasciata in garage tutto l’inverno.

 

Favorire un’adeguata socializzazione tra adolescenti

di Claudia Verganti, psicologo presso il Consultorio La Famiglia di Como

L’adolescenza è una fase di vita in cui il bisogno di socializzare si fa particolarmente forte ma anche particolarmente importante.

Per i nostri figli potersi relazionare con i coetanei non è (solo) un’occasione di svago, ma rappresenta la possibilità di sperimentarsi, confrontarsi con personalità e storie diverse, imitare e prendere le distanze per costruire piano piano la propria identità.

Supportarli in questo è quindi fondamentale, ricordando però che il sostegno in adolescenza implica anche la necessità di porre regole e limiti, da negoziare durante la crescita.

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Ecco 3 strumenti per genitori di figli adolescenti che vogliono raggiungere questo obiettivo:

1. SEMPRE CONNESSI: QUANDO VA BENE?

Considerata l’importanza della socializzazione in questa fase del ciclo di vita, è normale che i nostri ragazzi sfruttino il miglior alleato per continuare a stare in relazione con l’altro: la tecnologia. Può sembrare assurdo che dopo 5 ore di scuola, abbiano qualcosa da dirsi per due ore di videochiamata dopo pranzo, ma è invece perfettamente normale. Inoltre oggi gli adolescenti utilizzano molto i videogiochi, con cui è possibile stare collegati in più persone e intanto parlare. Tutto questo è sano e non deve essere svalutato o impedito.

Bisogna però aiutare i propri figli a limitarsi, e definire quindi delle regole precise: niente tecnologia durante i pasti o mentre si sta parlando (vale anche per i genitori!) né dopo una certa ora alla sera e contrattare INSIEME gli orari durante il pomeriggio in base allo studio

2. COME STIMOLARE LE RELAZIONI?

Tornare sui banchi di scuola dopo diversi mesi di DAD non è facile, anche per quanto riguarda le relazioni. Gli adolescenti hanno perso tante importanti occasioni di socializzazione, e potrebbero fare fatica a ricominciare, a maggior ragione se si tratta di un nuovo ciclo o di un cambio di classe.

Da genitori è possibile aiutare i propri figli a creare delle occasioni, stimolandoli a invitare qualcuno a studiare a casa dopo la scuola, o suggerendo loro di provare a fermarsi dopo scuola e organizzare con qualche compagno di mangiare insieme.

3. QUANTO “IMPICCIARSI”?

Crescendo, i nostri figli ci racconteranno sempre meno e avranno sempre più voglia di privacy. È comprensibile, è sano, ma non sempre è facile da accettare e soprattutto questo bisogno di privacy non deve nascere nell’adolescente per la paura di raccontare qualcosa al genitore. È importante che i nostri figli si sentano stimolati nel raccontarci le cose, che ci vedano interessati a quanto capita e che si sentano sicuri nel chiederci aiuto in caso di bisogno.

Meglio evitare quindi critiche di fronte a ogni loro racconto o tentativi di impartire una lezione: se un adolescente percepisce il proprio genitore come genuinamente interessato, divertito, pronto all’ascolto e al rispetto sarà sicuramente più propenso ad aprirsi e raccontarsi. E ad ascoltare quando sarà necessario farlo riflettere su qualcosa di serio.

 

Orientamento scolastico: la scelta di una famiglia

di Andrea Pini, psicologo presso il Consultorio La Famiglia Croce di Menaggio

Fare delle scelte, sia in ambito scolastico che professionale, è diventato per gli adolescenti molto più complesso rispetto al passato.

Oggi i ragazzi si trovano dinanzi a molteplici opzioni e opportunità. La vastità delle offerte formative e professionali da una lato attraggono e offrono la possibilità di avere più opportunità rispetto al passato, dall’altro possono diventare un ostacolo che rende difficile scegliere.

Diventa così abbastanza frequente vedere adolescenti che, davanti alla scelta del percorso da intraprendere, al termine della scuola secondaria di primo grado, sono insicuri, confusi e indecisi.

Accomunati dall’ansia di dover prendere una decisione e dalla paura di sbagliare, faticano a orientarsi e di conseguenza a decidere.

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La famiglia può diventare allora una risorsa fondamentale per aiutare il giovane adolescente a esprimere e gestire le emozioni, raccogliere le informazioni necessarie per effettuare una scelta consapevole, e arrivare ad avere una maggior consapevolezza dei propri interessi, abilità e competenze.

Il protagonista della scelta è e deve rimanere il figlio. I genitori non devono sostituirsi a lui, proiettando le loro aspettative su di esso, soprattutto se queste non sono allineate con i suoi interessi. Il ruolo della famiglia in questa fase è di fondamentale importanza perché, soprattutto i genitori, che ben conoscono il proprio figlio, possono aiutarlo a “vedere” le sue preferenze, le sue risorse e competenze, cosa gli riesce bene e con facilità. Nello stesso tempo, però, non devono cadere nell’errore di imporre la decisione finale.

E’ importante e indispensabile accompagnarlo e guidarlo nell’attività di esplorazione, non lasciandolo da solo nel compito di raccolta delle informazioni relative alle opportunità professionali e formative che il territorio offre. Uno dei segreti che portano a effettuare una “buona” scelta è proprio l’aver esplorato tutte le alternative possibili, essersi costruiti una rappresentazione realistica del percorso di studi e della professione che si vuole intraprendere. Spesso, dietro a una scelta che non soddisfa lo studente, si trova la costruzione di un’aspettativa non realistica del percorso scolastico e professionale.

Diventa allora fondamentale la relazione con lui, l’osservazione per conoscerlo meglio, il dialogo e l’ascolto attivo.

Nel guidare il proprio figlio in questo processo possono essere utili i quattro principi suggeriti dalla psicologia dei processi decisionali, che possono essere sintetizzati come segue:

principio del piacere: la scelta deve essere in linea con ciò che piace, interessa e appassiona lo studente. Quando si studia o si svolge un’attività che piace, la motivazione è maggiore, la fatica minore e la probabilità di successo elevata.

principio di realtà: la scelta deve essere allineata con le capacità, competenze e risorse del ragazzo;

principio dell’utilità: la scelta deve tenere in considerazione quelle che saranno le probabilità occupazionali del futuro;

principio della sostenibilità: la scelta deve essere sostenibile nel lungo termine (tempo per raggiungere l’istituto scolastico, compatibilità con gli impegni sportivi ed extrascolastici, ecc…).

In conclusione si può dire che scegliere aiuta lo sviluppo e la costruzione della personalità dell’adolescente. La maturazione e la crescita avvengono attraverso continue scelte, frutto di un compromesso tra ostacoli e facilitazioni, tra bisogni individuali e richieste provenienti dall’ambiente esterno. Attraverso il dialogo, l’osservazione, l’ascolto attivo, la famiglia può facilitare il proprio figlio nel processo decisionale, figlio che deve rimanere comunque il protagonista della scelta. 

“Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca).

 

La conciliazione nella fase due e oltre

La parola “conciliazione” deriva etimologicamente dal latino e letteralmente significa «chiamare insieme», nel senso di «unire» e «mettere d’accordo».

Beh su questo tema, in questi mesi possiamo dire che tutti ci siamo dovuti allenare, per conciliare desideri, bisogni e limitazioni, responsabilità, ruoli e spazi; l’epidemia sanitaria ci ha portato a sperimentarci sul significato puro del termine.

Ma il termine “conciliazione” applicato ai rapporti tra lavoro e famiglia, comincia ad essere introdotto negli anni Novanta del secolo scorso ed include tutte quelle raccomandazioni, informazioni, strategie aziendali al fine di salvaguardare la vita familiare rispetto a quella lavorativa e rendere meno problematico il conflitto sul tempo lavoro nella vita quotidiana.

Gli strumenti di conciliazione che riducono o articolano diversamente il tempo di lavoro sono molteplici: noi tutti adesso sicuramente conosciamo lo smart working, in tanti lo abbiamo praticato e continuiamo a farlo.

Ma strumenti di conciliazione ce ne sono molti: part-time orizzontale, verticale o misto, flessibilità in entrata e uscita, telelavoro o lavoro a distanza (il famoso smart working oggi molto conosciuto), banca delle ore. Poi ci sono strumenti che liberano tempo quali il congedo di maternità obbligatorio, di paternità, parentale, per ragioni familiari o per adozione, misure (servizi e voucher) di sostegno al lavoro di cura per bambini e anziani, servizi di supporto alle famiglie-counselling, facilitazioni negli acquisti e nei servizi, convenzioni, servizi di disbrigo pratiche…

Ma come e’ possibile conciliare lavoro e famiglia?

Parlare di conciliazione nella fase due è veramente complesso perché da una parte ci sono tutte le necessità del lavoro e le incertezze annesse, dall’altra ci sono le fatiche dei genitori che hanno già sperimentato nel periodo del lockdown legate all’invasione dello “spazio casalingo” (spazio privato con delle regole precise) sia del mondo scuola, sia del mondo lavorativo.

Nel periodo del tempo “sospeso” si è spesso generato in casa un disagio diffuso:

  • degli adulti, che hanno dovuto fare i conti con i sensi di colpa di essere presenti in casa e non poter dedicare del tempo ai propri figli e nel modo opportuno;
  • dei bambini che hanno vissuto la frustrazione per la presenza dei genitori h 24 in casa ma con un tempo di attenzione molto limitato.

Nella fase due, con la chiusura delle scuole, la possibilità di uscire e la riduzione eventuale dello smart working “l’ambiente casa” ha potuto riappropriarsi della propria identità, ripristinando in parte degli equilibri.

La famiglia come da noi definita 4.0, dovrà essere pronta ad affrontare un tempo dove sarà necessario avere un approccio ancora flessibile e multitasking, promuovendo sempre di più, una sussidiarietà tra i genitori; magari con una divisione di compiti dichiarata, oppure trovando nuovi tempi per il lavoro, con l’impegno di ritagliarsi comunque uno spazio riservato alla propria famiglia senza che il tempo del lavoro svolto a casa possa essere dilatato in modo significativo.

In questa nuova fase, bisogna potersi però anche riconoscere con delicatezza i propri limiti nell’affrontare una situazione nuova per tutti e molto complessa; per cui anche le risposte che si potranno trovare, a tutti i livelli, saranno nuove, magari non sempre immediatamente efficaci ma perfettibili nel tempo.

Allora un messaggio che vogliamo far arrivare alla nostra “Famiglia 4.0” è che possiamo imparare dai piccoli che le routine ci aiutano: per cui è arrivato il momento di ripristinarle includendo in queste anche gli strumenti di conciliazione in senso lato, e di approcciarci al futuro trovando nuovi assetti e non vecchi equilibri perché quello che è accaduto, e che è tutt’ora in corso, ha prodotto un cambiamento che richiede uno sguardo nuovo… magari quello fiducioso e creativo dei bambini!

Barbara Iorio, Mediatore familiare in Consultorio

SIAMO FELICI DI AVERCI PROVATO!
dall’Equipe Educativa del Consultorio La Famiglia

In questo periodo così particolare e difficile, nel quale i bambini di V elementare sono già privati di diverse esperienze significative di crescita, abbiamo elaborato un adattamento online del progetto di educazione all’affettività che da anni portiamo avanti in vari istituti.

Non è stato possibile fare lo stesso tipo di proposta in presenza degli anni scorsi, ma abbiamo ritenuto importante dare ai ragazzi e ai genitori un segnale positivo. Abbiamo voluto mostrargli che quanto gli sta accadendo non porta solo a dover rinunciare, a perdere delle occasioni, ma anche a scoprire che le difficoltà non devono “bloccare”, devono essere uno stimolo per trovare nuovi modi creativi per crescere. Il nostro obiettivo è stato far sperimentare ai ragazzi che gli adulti ci sono comunque e che non rinunciano ad affiancarli nel loro processo di crescita, ognuno nel proprio ruolo.

Dopo attente riflessioni su quali potessero essere i bisogni presenti tra i ragazzi, gli insegnanti e i genitori, in equipe educativa abbiamo valutato di proporre un video di presentazione da diffondere tra i genitori prima dell’inizio del percorso, che si sarebbe sviluppato in due incontri online per i ragazzi attraverso i canali attivati con la DaD e due incontri alla sera rivolti ai genitori, alternati con quelli dei ragazzi. Sicuramente nella modalità online ci mancava una delle risorse per noi fondamentali: il corpo. Abbiamo però deciso di provare lo stesso per far sentire la nostra presenza, anche se in modo diverso, e avere una preziosa occasione per aprire le riflessioni e sentire le emozioni del cambiamento che vedono protagonisti i ragazzi e di riflesso i genitori.

Con le insegnanti abbiamo scelto di ridurre il numero di appuntamenti e di focalizzarci di più sui genitori, perché sentivamo che ci voleva una presenza fisica a fianco dei ragazzi, e non potevamo essere noi che, in punta di piedi, saremmo entrati nelle classi virtuali stando a casa nostra nel silenzio delle nostre stanze. È stato forte ed emozionante l’impatto iniziale nel vedere sulla schermata del nostro computer tanti volti in attesa di capire cosa fosse questo “Incontro sull’affettività”. Abbiamo letto insieme la favola dei porcospini di Schopenhauer, che fanno fatica a trovare la “giusta posizione”, per affrontare il tema della distanza e della vicinanza e abbiamo sottolineato quanto sia fondamentale ascoltare il corpo che ci permette di regolare tale distanza, ascoltare i segnali che ci trasmette. Da lì siamo entrati nel tema principale e abbiamo parlato di quali cambiamenti del corpo ci sono nella pubertà. Il mezzo interattivo era differente, non sentivamo i bisbigli, non notavamo gli occhi che si abbassavano, non vedevamo i piedi che si agitavano, ma con altri segnali abbiamo capito che il tema era coinvolgente. A differenza dello stare in classe, le mani erano molto alzate, si sentiva il silenzio e a volte ci è sfuggito qualche intervento spontaneo. In alcuni casi nelle chat i ragazzi si davano il permesso di intervenire commentando quello che dicevano i compagni, in altri abbiamo scelto di chiedere a ciascuno di rispondere a turno, uno alla volta. Non abbiamo notato disagio, abbiamo anche chiesto di scrivere come si fossero sentiti. Forse questa modalità ha permesso a qualcuno di gestire meglio la timidezza e di prendere più distanza emotiva da questo tema, grazie al fatto di essere a casa propria, lontani dagli altri compagni e rifugiati dietro al pc.

Nel secondo incontro abbiamo parlato di quali sono i gesti per esprimere affetto e di come cambiano crescendo. Il tempo è volato, è stato bello parlare e confrontarsi con loro, ci è mancato però non poterli incontrare dal vivo per verificare che quanto avvenuto negli incontri fosse davvero rimasto in loro. Per questo sono stati utili gli incontri con i genitori. Inoltre questi sono stati importanti perché hanno offerto loro un contenitore sicuro dove depositare emozioni, dubbi, domande, pensieri inerenti il tema dell’affettività e sessualità e il tema della complessità del ruolo di genitore nella fase del lockdown.Infatti prima del lockdown andare a scuola per i ragazzi significava non vedere mamma e papà per un numero importante di ore, significava avere uno spazio “altro” rispetto a quello con i genitori, nel quale sperimentarsi e confrontarsi. Era la fatica della separazione: lasciarli camminare da soli e rispettare il loro “non racconto”. E’ proprio infatti nelle risposte asciutte e sfuggenti dei figli alla domanda “Come è andata oggi?” che si ritrova un valore profondo, legato al loro processo di crescita: “non ti racconto perché ho bisogno di uno spazio tutto mio e te ne sarò grato se tu riuscirai a rispettarlo… non potrei crescere però se tu non mi chiedessi come è andata e non mi mostrassi più così il tuo interesse e la tua attenzione nei miei confronti?!”.

Il lockdown ha in tre mesi sconvolto questa dinamica. La dimensione di convivenza 24 ore su 24 ha visto i genitori “costretti” ad “esserci sempre”, facendo fatica da una parte a garantire la giusta distanza per favorire la crescita dei propri figli e dall’altra ad essere gli unici adulti presenti a dare un sostegno educativo per quella crescita che parte proprio dal corpo e che spesso si innesca in quinta elementare, quando la pubertà è vicina o è già in atto.
Quindi con i genitori, che abbiamo sentito ancor più attori principali del progetto, è stato fondamentale raccogliere ed elaborare le nuove dinamiche emerse con i figli per avere maggior consapevolezza rispetto ad esse. Infatti al termine dei nostri incontri con i ragazzi non c’era un intervallo con i compagni, una chiacchierata con la maestra, una corsa nel giardino della scuola. Al termine del nostro incontro c’era un monitor che si spegneva e subito lo sguardo “non mediato” del genitore e chissà se la stessa importante domanda “come è andata?” ha avuto un valore diverso.

La partecipazione dei genitori è stata numerosa e attiva, probabilmente da riproporre la modalità online; hanno riconosciuto l’opportunità offerta loro di avere uno spazio di confronto e condivisione con esperti e con altri genitori che vivono la loro stessa esperienza e molti hanno espresso soddisfazione rispetto alla proposta fatta: si son resi conto della creatività e della disponibilità messe in gioco da parte di tutti noi operatori nella riformulazione dell’intervento e ne sono stati grati. Anche le insegnanti hanno rimandato la positività globale del nostro progetto, seppur con la speranza per gli anni futuri di riprendere con gli incontri di persona.

La nostra impressione è che il percorso sia andato bene e che abbia aperto un’ulteriore possibilità di riflessione sul tema dell’affettività, da condividere maggiormente con i propri genitori. Riteniamo che anche in questa modalità sia stato importante lo scambio di gruppo e l’essere tutti insieme a vivere questa esperienza.

I mezzi tecnologici, anche se limitano nella distanza, ci hanno comunque regalato la possibilità di un incontro, in cui siamo sicuri che la presenza umana c’è stata!

GENITORIALITÀ E SEPARAZIONE

Tre spunti per riflettere sulla genitorialità in un percorso di separazione dal nostro Mediatore Familiare, Dott.ssa Barbara Iorio: NEUTRALITÀ, TERRENO POSSIBILE, DIVISIONE DEI RUOLI.

L’AUDACIA DELLA SEMPLICITÀ E DELL’ACCOGLIENZA

Un saluto di incoraggiamento e un invito ai genitori a trovare un po’ di tempo per ordinare le emozioni che emergono in questi giorni, per poter accogliere anche quelle dei propri figli.

COSTRUIAMO INSIEME LA ROUTINE DELLA GIORNATA

Il Coronavirus è entrato nelle nostre case in modo violento e disarmante, facendo emergere paure e insicurezze. “Andrà tutto bene!” ci stiamo dicendo, ma cosa fare in attesa di questo futuro?

La routine di ognuno di noi è stata stravolta creando caos, confusione e incertezze rispetto alla nostra quotidianità. Tanti genitori sono caduti nello sconforto di non sapere cosa fare per intrattenere i propri figli, generando così piccole insicurezze rispetto al proprio ruolo.

Molti vedono nei loro figli una fonte di energia inesauribile e incontenibile. Il documento che vi proponiamo vuole dare un po’ di rassicurazione a tutti i genitori: ciò che provate non è anormale e i vostri figli non sono alieni!

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Como, 23 marzo 2020
AI GENITORI DEGLI ALUNNI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI ALBAVILLA

Un professore universitario in pensione in questi giorni scriveva:
Care mamme, cari papà, cari insegnanti, cari amici,
in questi giorni i vostri figli-scolari stanno imparando la SCIENZA DELLA VITA!

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Como, 19 marzo 2020
AI GENITORI DEGLI ALUNNI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI CANTÙ 2

Un professore universitario in pensione in questi giorni scriveva:
Care mamme, cari papà, cari insegnanti, cari amici,
in questi giorni i vostri figli-scolari stanno imparando la SCIENZA DELLA VITA!

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Como, 19 marzo 2020
AI GENITORI DEGLI ALUNNI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI CANTÙ 3

Gentili Genitori degli alunni dell’Istituto Cantù 3,
in accordo con la dirigente, vi scrivo per esprimervi la mia vicinanza e condividere alcune riflessioni che spero possano accompagnarvi in questo momento difficile e disorientante.

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Como, 23 marzo 2020
AI GENITORI DEGLI ALUNNI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI CERMENATE

Gentili Genitori degli alunni dell’Istituto Comprensivo di Cermenate,
in questo periodo difficile che tutti insieme stiamo attraversando, in accordo con il vostro Dirigente Scolastico, ho pensato di inviarvi suggerimenti e consigli che spero vi possano aiutare, almeno dal punto di vista emotivo, ad
affrontare queste giornate.

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